![]() La quarta edizione si è svolta dal 22 al 25 settembre 2011 ed ha avuto come tema Umanità e tecnica. Tra gli ospiti Fedele Confalonieri, Eva Cantarella, Oscar Luigi Scalfaro, Susanna Camusso, Lucia Annunziata, Yuri Chechi, Margherita Hack, Remo Bodei e Gustavo Zagrebelsky. Alcuni dei nostri redattori hanno partecipato attivamente al Festival del Diritto, e hanno realizzato gli articoli sotto pubblicati. Vorrei che vi giungesse la mia parola e il mio cuore: il cuore di chi crede nella democraziaGiovedì 22 Settembre, primo giorno del “Festival Del Diritto" 2011. Il salone di Palazzo Gotico è colmo e tutti sono in attesa di ascoltare la videointervista realizzata da Stefano Rodotà con Oscar Luigi Scalfaro. Fu nono presidente della Repubblica Italiana, ministro dell’Interno dal 1983 al 1987 e Presidente della Camera dei Deputati nel 1992. Un’eccezionale testimonianza del tempo, una persona piena di vita e speranze nonostante l’avanzata età, che intervenendo in questa occasione speciale intende rivolgersi soprattutto a coloro che difendono i valori della Costituzione e a chi, come lui, nutre una grande passione per la Politica e per la democrazia, sperando in un'Italia migliore. Il coordinatore Paolo Mieli presenta Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati, e Valerio Onida, professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università degli studi di Milano. Pochi minuti più tardi, arriva il momento più atteso della serata: la videointervista all'ex Presidente. La sua voce è fioca, ma traspare chiaramente il grande entusiasmo con cui racconta del lungo e impegnativo percorso della Costituzione Italiana: “Se il Parlamento è vivo, la democrazia è certa. Se il Parlamento è povero o pezzente, come oggi, allora c’è da dubitare molto che ci sia democrazia!”. Nonostante la sua forza e il suo coraggio, Scalfaro non nasconde le sue preoccupazioni per l'Italia di oggi e sottolinea -quasi come se volesse collegarsi al tema del “Festival del Diritto" 2010 sulle disugaglianze- l'importanza di ascoltare tutti, in particolare quelli che sostengono tesi diverse dalle nostre: “Ho sempre ascoltato tutti con passione, con la voglia di capire. Democrazia uguale Parlamento vivo e vero!”. In fin dei conti si è trattato di un dibattito molto acceso quello della prima serata del Festival del Diritto grazie anche agli interventi di Rosy Bindi e Valerio Onida. Non potevano mancare riferimenti specifici al clima politico attuale e alla crisi che il nostro Paese sta vivendo e dalla quale deve necessariamente uscire, sconfiggendo chi non crede nei valori della Costituzione e chi cerca di ricavare un profitto personale da questa situazione così grave: “Sembra che ogni giorno nascano a centinaia: nuovi profittatori, nuovi ladri, persone che nel momento in cui si avvicinano a un incarico, a una responsabilità, pensano per prima cosa a rubare, a tradire. Una cosa che fa spavento. La corruzione dilaga come una peste bubbonica! [...] Io ho avuto, di fronte a questa realtà che per me è deprimente, un enorme aiuto dai giovani, i quali hanno mostrato una fede nella Carta Costituzionale". In questa parole notiamo certamente grande preoccupazione, ma anche grande fiducia nei giovani, cioè nel futuro di questo Paese. Questa “macchina grossa” di cui si è parlato su quasi tutti i canali e giornali nazionali, “Il Festival del Diritto” appunto, non poteva sperare in un inizio migliore: Un grande uomo ci ha illuminato con i suoi pensieri e con le sue parole, ricordarci i principi fondamentali Costituzione, l’onestà e il rispetto, che sono alla base di un unico obiettivo: la democrazia. Borce Angelovski (4E) e Martina Maserati (4C) Viaggio nel mito di Prometeo con Eva CantarellaUna faccia serena, un sorriso gentile ed una pacca sulla spalla fanno da introduzione alla mia tanto sperata intervista ad Eva Cantarella. Sembra quasi una di quelle scenette in cui si vedono grandi personalità scambiarsi convenevoli e chiedere di darsi del “tu”; ma questa volta non è una finzione, la “personalità” con cui la Cantarella sta per scambiare i convenevoli sono proprio io! La sala fino a poco tempo prima gremita si sta lentamente svuotando, le ultime vestigia della magia con cui Eva ci ha tenuti incollati alla sedia stanno sfiorendo. Mentre aspetto il mio turno dietro ad una fila di postulanti di autografi ripenso alla conferenza appena ascoltata… È come se l’ auditorium sant’ Ilario fosse lentamente scivolato indietro nel tempo fino all’ età in cui Zeus ed Hera regnavano sovrani dal monte Olimpo. Prometeo e l’origine della tecnè. Un argomento, come disse la stessa Cantarella: “di cui si potrebbe parlare in eterno”. La famosa storica iniziò introducendo il mito di Prometeo, l’ uomo “che sfidò gli dei per il bene degli uomini”. La domanda iniziale della relatrice a posteri sembra semplice: “Chi era Prometeo?”. La risposta giunse a gran voce da molti storici della Grecia classica, tuttavia le loro interpretazioni furono così diverse da rendere la vita dura a chiunque volesse metterle insieme. Tutti però concordano su un aspetto: Prometeo era considerato la personificazione della tecnica. Una tecnica che lui stesso inventò e che donò agli uomini per aiutarli a sopravvivere meglio. Un crimine agli occhi di Zeus, al quale rubò il fuoco, per cui venne punito in modo atroce. Eva Cantarella introdusse quindi il primo autore che ci parlò della tecnè personificata nella sua “Teogonia”: Esiodo. Esiodo, contadino della Beozia, visse nel VII secolo a.C., epoca molto tribolata da tutti i punti di vista. L’ autore di riflesso ebbe una pessima opinione di Prometeo, che definì un “astuto imbroglione”, volenteroso di aiutare gli uomini ma per le cui colpe Zeus punì gli uomini con la peggiore sciagura pensabile per un greco: la donna. Pandora per essere precisi. Di diversa opinione fu Eschilo, che dipinse un Prometeo eroico. Un Prometeo che salvò gli uomini grazie alle sue innumerevoli ed inestimabili invenzioni. Un Prometeo “ladro filantropico”. Un Prometeo che nemmeno legato ad una roccia e straziato si arrese, anzi, nel momento di massima umiliazione raccontò tutti i suoi contributi alla società. Eschilo fece di Prometeo un’ icona di orgoglio della polis e dell’intera umanità. Degna di nota per la Cantarella fu l’ interpretazione di Sofocle, storico del V secolo a.C. Esso per primo staccò la tecnica dagli dei: Prometeo non era un uomo qualunque, era figlio di un titano e di una ninfa. Era un mezzo dio, di conseguenza la tecnica era un dono semidivino. Sofocle compì di fatto il primo trancio netto tra “res humana” e “res divina”. Le implicazioni furono e sono enormi: la tecnica, sottratta dal controllo divino e messa in mano agli uomini è una bomba ad orologeria sul punto di esplodere al primo utilizzo sconsiderato e far precipitare tutto il mondo nel caos di guerre devastanti e massacri indiscriminati. L’ arguzia di Sofocle è proverbiale: sembra già aver capito a cosa porterà l’abuso della tecnica ben 2400 anni prima dell’ era atomica. Quasi non mi accorgo delle gomitate che il mio amico mi sta rifilando al fianco per richiamare la mia attenzione persa nella storia. Quando, fortunatamente ma sfortunatamente, mi ridesto dal mio sogno ad occhi aperti mi trovo il volto di Eva Cantarella che mi guarda ed aspetta. Eccolo! Ecco il momento topico che avevo tanto atteso! Inizio chiedendo l’ importanza oggettiva del diritto da Crizia ad oggi, soffermandosi sul mondo di Prometeo. La risposta non si fa attendere: le parole sono poche ma efficaci, il diritto è il fondamento della società, un fattore inalienabile della nostra quotidianità, senza il quale “torneremmo a vivere nella giungla”. I greci questo lo avevano capito e fecero di tutto per preservare la loro autonomia legislativa da chiunque osasse comprometterla. La seconda domanda è invece diretta al background dell’ autrice, che, lo ricordo, ha insegnato in scuole americane, e, dato il mio interesse a quel mondo, le chiedo quali siano le principali differenze tra il nostro approccio scolastico e quello americano. La giurista mi spiega che in America gli studenti percepiscono molto di più il senso del dovere e di conseguenza si impegnano a fondo nelle materie che studiano, e sono più consapevoli dell’ importanza delle loro scelte. Sto per fare la mia terza domanda quando un signore dell’ organizzazione mi interrompe e, adducendo a cause oltre la mia comprensione mi allontana dalla storica. Ma non mi dispiace, anzi. Ci sono momenti dell’ esistenza in cui la vita è generosa, altri in cui ci concede meno fortune, sta a noi saperci accontentare e cogliere il meglio da ogni occasione per imparare ad essere veramente felici. Francesco Mangia (4I) Siamo figli delle stelleVenerdì 23 Settembre 2011: Piacenza aspetta ansiosa. Il salone del Palazzo Gotico freme e non importa se le seggiole sono ormai tutte occupate, si può stare in piedi, si deve stare in piedi. Il pubblico, variegato più che mai e ricco di giovani, inizia ad applaudire calorosamente; ci allontaniamo, le facciamo spazio, perché è ciò che si merita: Margherita Hack non è solo una delle menti italiane scientifiche più brillanti, è molto di più. Ha reso orgoglioso il suo paese, si è battuta con determinazione e dedizione per la divulgazione e la ricerca scientifica, ha sempre espresso con franchezza le sue opinioni e con coraggio, per esse si è battuta. Ed ecco perché il sindaco Roberto Reggi non solo parla di una visione del mondo ma di un sogno, che lei riesce a rappresentare. Quel sogno, alcuni di noi, studenti del Liceo Scientifico Respighi, lo abbiamo potuto toccare con mano in anteprima. Perché la fama e la grandezza non possono essere un buon motivo per dimenticarsi di chi grande lo deve ancora diventare. Ed è per questo che nonostante i suoi 89 anni, la nostra amata professoressa continua a voler parlare direttamente con noi e trova il tempo di rispondere alle nostre domande. Alle sue conferenze e alle sue lezioni ci vuole sempre in prima fila: "Tante cose sembrano miracolose. Come si fa a capire come è fatta una stella? Perché brilla? Sono veramente degli oggetti così lontani e irraggiungibili? Infondo è tutto molto semplice, ed è proprio utilizzando la fisica di tutti i giorni che riusciamo a darci delle risposte: non c'è nulla di misterioso nella scienza."Afferma con gli occhi che brillano. Con il suo caldo accento toscano (e con troppa modestia) ci racconta che l'astrofisica non è tanto difficile come sembra, si studia e si sperimenta in laboratorio e per farlo si usano tutti i campi della fisica ed "E' questo che la rende bella". Le chiediamo come vengono percepite le nuove scoperte scientifiche che, inevitabilmente, portano allo stravolgimento di ciò che credevamo fosse vero in passato. "L'errore è umano- sostiene con saggezza e sicurezza - si va avanti per passi. Sono tutti avvicinamenti alla realtà, una teoria spiega qualcosa, non spiega tutto, si può modificare; certe cose restano e certe no". Ma per andare avanti, per conoscere quello che ci circonda bisogna cercare. Ed è forse questo quello che manca al nostro paese: la ricerca. La nostra astrofisica non si censura e non vuole farlo, perché secondo lei chi non investe nel futuro è: "Ignorante ed arrogante, perché un paese in via di sviluppo non può negare lo sviluppo. Mi pare che la popolazione italiana sia addormentata dalla televisione, perché a quest'ora ci si dovrebbe indignare del modo in cui si è governati". Lamentarsi? Fuggire all'estero? No, non è quello che faremo noi giovani. Perché, come ci ha ricordato la signora Hack, abbiamo nelle nostre mani un potere meraviglioso: la Libertà. Possiamo e dobbiamo farci sentire, bisogna sensibilizzare e far capire l'importanza della cultura, della ricerca, dell'innovazione. E non dobbiamo avere paura perché viviamo in uno stato democratico che tutela il nostro diritto ad avere un opinione. "Siamo come le stelle, siamo frutto dell'evoluzione" e quest'evoluzione noi non la fermeremo. Ada Sefa (5M) Perché siamo e vorremo sempre essere uominiÈ possibile fondere filosofia, diritto e cultura scientifica in un’unica conferenza, senza rischio di proporre un crogiuolo di nozioni specialistiche oscure agli occhi dei non addetti? Lo spirito della conferenza inaugurale del festival del diritto 2012 persegue questo intento. 22/09/2011; la meravigliosa Sala dei Teatini risuona del vocio confuso di un pubblico estremamente variegato già dalle 17, 45, i posti a sedere si esauriscono in breve, la partecipazione della città è notevole . L’attesa e la curiosità sono palpabili, la carne al fuoco è molta, sarà compito dei celeberrimi conferenzieri districarsi tra le molteplici insidie dell’argomento. Ora, come in ogni quadro tecnicamente perfetto è necessaria la pennellata personale per renderlo artistico, anche i relatori hanno sfruttato il loro tocco magico per rendere l’evento avvincente. Remo Bodei e Gustavo Zagrebelsky, due menti eccelse, due diverse specialità, ma un solo intento, proporre cultura,scopo realizzato con continue “invasioni” di campo, sconfini che rendono le materie un solo orizzonte con cui confrontarsi. Chi sia filosofo e chi sia giurista appare chiaro solo ad un secondo livello di ascolto, mentre traspare la comune intesa nel cercare di stimolare la riflessione sull’uomo a tutto tondo, riguardo la sua storia, il suo presente e il suo avvenire. La differenziazione umana dagli altri primati inizò con l’utilizzo di oggetti piegati ai propri fini. Questa premessa contiene in sé il fulcro del problema stesso, il dilemma sorge istantaneo non appena viene riconosciuta la causa finale. Bodei delimita i confini dell’argomento nell’atteggiamento umano nei confronti della tecnica, considerata neutrale in quanto strumento. Il desiderio di trascendere i propri limiti conduce l’uomo a farne uso per realizzare qualcosa che di umano ha solamente le apparenze. L'invito biblico ad assoggettare la terra viene ripreso da Zagrebelsky in ottica di legittimazione all’uso della tecnica concesso perfino dalla religione, storico ostacolo per la cultura egocentrica che mira all’accrescimento costante delle possibilità terrene dell’uomo. Analizzate le basi, la trattazione prosegue con una riflessione di grande attualità: può ai nostri giorni un argomento essere sviscerato senza includere le conseguenti ripercussioni economiche? La risposta è concorde ed è negativa. L’economia è imprescindibile. Accettata questa considerazione, Zagrebelsky vira quindi sul ruolo proprio del diritto nella questione, se esso sia sminuito delle sue facoltà nel difendere l’uomo dal moderno vortice economico. Il diritto positivo è stata una conquista essenziale dell’umanità perché pone un freno alla deresponsabilizzazione dell’uomo, si oppone alla concezione di diritto naturale, sfruttata per astenersi dal ragionare in virtù di verità dogmatiche . Un lampo. Ora è possibile far combaciare tutti i tasselli del mosaico che si va componendo ai Teatini: l’uomo deve mantenere la sua dignità! La tecnica tende ad autoregolarsi, ma sta all’uomo tenere le redini con mano salda, solo così non si svilisce nella mera accettazione di un processo di disumanizzazione. Simbolo ne è la diatriba sull’eutanasia, addotta come chiara situazione in cui si rischia di permettere che la dignità umana venga invasa; la tecnica non determina i principi secondo cui valutare la vita umana. La commistione tra tecnica ed economia ha ingenerato oggi un processo difficilmente reversibile, la deresponsabilizzazione dell’uomo è quindi uno dei fattori endogeni della crisi mondiale. Quest’ultima non è quindi solo di carattere economico ma anche culturale. L’ideologia dominante che si è sviluppata sostiene la parità di valore delle opinioni, si nasconde dietro una finta assenza di valori definiti per riconoscerli e invalidarli in toto. Zagrebelsky ritorna quindi a osservare come la tecnica, assoggettata dal consumismo, debba essere regolamentata dal diritto. Allo stato attuale, la riduzione del diritto alla concezione di legge, la quale include la in sé la fallibilità umana, impedisce che ciò possa avvenire. Inoltre la problematica economico-tecnica è di dimensioni globali, mentre il diritto riconosce le sue radici in uno stretto dominio di territorialità ben definita, per cui le risposte che fornisce sono inadeguate alla generalità del problema. L'ultima amara riflessione che sgorga dalle parole degli oratori è la legalizzazione dell’obiezione di coscienza: diventa possibile staccarsi della società adducendo come scusa la sua inadeguatezza, rifiutandosi di obbedire alla legge e al tempo stesso essere tutelati da quest’ultima. Sono le 19.40, la stanchezza si fa sentire, abbiamo tutti volato molto in alto, abbiamo spinto le nostre riflessioni oltre l’angusto spazio concesso dal vivere quotidiano, ora non limitiamoci a contemplare la nobiltà dei concetti, reimpossessiamoci della nostra dignità facendoli diventare parte del nostro atteggiamento verso il mondo. Grazie Remo Bodei, grazie Gustavo Zagrebelsky, grazie cultura. Marco Rossi (5C) Virtuosa intersezione di ossimoriNon capita spesso di trovarsi in mezzo a vortici di parole , posizioni , idee e culture come questo festival; vortice in cui ad ogni istante l’orizzonte cambia di colore e tali colori, spesso di tonalità sorprendentemente ossimoriche, ci impediscono di distogliere lo sguardo da quello che succede, ancorandoci alla nostra posizione ad aspettare ciò che segue. L’esperto , studioso per svariate decadi del suo campo, risulta di straordinaria freschezza; impattante la fierezza e la fermezza con cui i giovani esprimono punti di vista su concetti elevatissimi; impressionante invece il modo in cui il quotidiano , ciò che è semplice, assume un volume mai immaginato e altrettanto toccante la maniera con cui ciò che è alto, astratto, complesso e lontano, ad un tratto, grazie alla generosità culturale e conoscitiva di un relatore, si trova lì, tra le nostre mani. Ma gli ossimori più brillanti , innovativi e soprattutto altrove raramente riscontrati sono stati il tecnicismo che si è vestito di umanità e l’umanistico che si è colorato di precisione, scientificità. Sfido chiunque ad affermare che “il cielo stellato che ci umilia” di Margherita Hack, con quella potenza epistemica , non sia stato toccante ; che nonostante si trattasse di nuda astrofisica avanzatissima , non sia stato qualcosa che sia arrivato a pochi centimetri dai nasi degli spettatori, rapiti dalla semplicità con cui una scienziata di quel calibro smembrava ciò che non ha pari in grandezza e complessità: l’Universo. Altrettanto difficoltoso penso che sia sostenere che un dialogo maieutico come quello tra giurista e filosofo, Zagrebelsky e Bodei, pur trattandosi di una prospettiva morale dell’argomento, sia stato un filosofeggiare relativistico e protagorico. L’esistenza del diritto naturale non è un concetto vago e puramente poetico ; come non è neanche il caso del confronto costante tra gli stili di vita dell’umanità “comune” e quelli dell’umanità “delle vetrine”. E’ proprio qui che si rileva l’eccletticità del tema del festival e la bravura dei relatori nel riuscire a brillare in essa: In quale altro contesto un’esperta del mondo Greco e Latino, come la giurista Eva Cantarella, sarebbe riuscita a trasmettere al suo pubblico attualità e pertinenza del mito di Prometeo applicato ai giorni nostri? Quante sono le ulteriori cornici in cui medici come Claudio Franceschi e Bruno Dallapiccola avrebbero potuto dispiegare la complessità dell’unione tra umanità e tecnica, o meglio “umanizzazione e tecnicizzazione” nell’ambito sanitario, dissipando ogni dubbio sulla scontatezza e la meccanicità esclusiva del campo professionale medico? Altrettanto inconfutabile è l’ampia spazialità ed equità nella distribuzione delle opportunità dell’evento: si è riusciti a spogliare di vergogna e timore i giovani, decorando di valore e dignità anche il loro pensiero, le loro posizioni, che senza essere mai in nessun momento sminuite, hanno assunto un peso e volume tale, da potersi affiancare ad interventi di grandi astri del panorama culturale italiano. E non si è trattato di una serie di relazioni scolastiche , ma ogni studente sembrava di sentire l’elevazione qualitativa a cui doveva attenersi, dimostrando come la gioventù ,nonostante indietro di qualche decennio negli studi (per motivi biologici, s’intende) , sia portatrice di innovazione, di critica, di nuovi punti di vista, di progresso e soprattutto di consapevolezza e coscienza delle problematiche che la circondano, del sistema sociale in cui essa è inserita e dell’imminenza del futuro, che (e questa è l’unica certezza ) la vedrà come sua protagonista. Dunque dimostrare come l’atleta , anche adolescente, sia una vera constatazione di unità tra tecnica e umanità, profilando una figura che oltre a essere un esempio di perizia tecnica è anche un modello etico, che dovrebbe assumere un valore educativo per le masse; oppure parlare del difficile connubio tra libertà di informazione, la sicurezza pubblica e il segreto di Stato, dalle sue articolazioni più tecniche e meramente giuridiche agli aspetti più attuali e vicini a noi ,ecco, sono entrambi esempi di come l’interesse degli studenti piacentini per la sfera civica sia vivo ed espresso in forme originali e fresche, valori intrinsechi di quella fascia di età. E così, al finire del festival, ci rendiamo conto dell’enorme numero di ore supplementari che i relatori avrebbero potuto aggiungere alle loro relazioni, dei tantissimi argomenti che si sarebbe potuto trattare in più; ed è proprio in questo modo che il festival raggiunge il suo obiettivo , cioè non indottrinare su una determinata tematica, ma lasciare aperti nuovi sentieri, perché ciascuno prosegua nella formazione di un’opinione sempre più solida, poliedrica. Dunque a quanto pare è vero che fatti non fossimo per vivere come bruti ma, appunto, per seguire virtute e conoscenza. Camilo Teillier (5C) |
Festival del Diritto 2011
![]() La quarta edizione si è svolta dal 22 al 25 settembre 2011 ed ha avuto come tema Umanità e tecnica. Tra gli ospiti Fedele Confalonieri, Eva Cantarella, Oscar Luigi Scalfaro, Susanna Camusso, Lucia Annunziata, Yuri Chechi, Margherita Hack, Remo Bodei e Gustavo Zagrebelsky. Alcuni dei nostri redattori hanno partecipato attivamente al Festival del Diritto, e hanno realizzato gli articoli sotto pubblicati. |